Page 5 - Tra cielo e mare
P. 5

Mito e memoria                                           Nell’Odissea (V, 333-354) Ino-Lucotea “dai  piedi  belli”
                                                                 viene  a  salvare  Ulisse  naufrago  sulla  via  del  ritorno
                                                                 gettandogli  il  suo  prodigioso  velo  salvagente  per  poi
        Piccoli tocchi bianchi che materializzano la schiuma o il   inabissarsi, “come uno smergo”, nell’oscuro maroso.
        brillìo delle onde, quiete, o agitate fino a implodere in
        gorgo. Non è solo la rappresentazione “paesaggistica”  L’essenza  di  Santa  Severa  è,  dunque,  quella  di  un
        del mare che Anna Tonelli insegue con la sua tecnica  praesidium contro passati invasori, ma anche di asylum,
        giocata  tra  pointillisme  e  pixel  art,  ma  anche  il  suo  più precisamente di ásylon hieròn, tempio dove non c’è
        significato più intrinseco, sia nell’incontro con la mole  diritto  di  cattura  (sýlē),  per  stranieri  venuti  dal  mare,
        del Castello di Santa Severa, sia rigurgitando frammenti  naufraghi in cerca di un porto.
        di naufragi non digeriti.
                                                                 Di questa essenza Anna Tonelli cerca i bianchi riflessi.
        Il  Castello,  la  Torre  di  Santa  Severa,  piombando  in
        mare  e  opponendovisi  strenuamente,  non  dissimula
        il  suo  ingaggio  originario  contro  forze  d’invasione                                 Alessandro Cremona
        sconosciute, come quei Saraceni che nel IX secolo, con
        le  loro  incursioni,  avevano  distrutto  l’insediamento                                      Storico dell’Arte
        sorto sui resti etruschi e romani. Al tempo stesso, però,
        sembra  apprestare  una  difesa  sicura  contro  l’abisso
        incontrollabile della distesa marina, umile ma coraggioso
        baluardo, “cum exiguo portu” capace di ospitare poche
        imbarcazioni  (Philipp  Clüver,  Italia  antiqua,  Leida
        1624,  p.  496).  Luogo  respingente  e  al  tempo  stesso
        accogliente: una vocazione ossimorica propria di ciò che
        vive ai margini, nelle grigie zone di confine, tra mare e
        terra, tra cielo e mare.
        La  spuma  bianca,  il  lucore  dell’elemento  liquido  e  di
        quello aereo, evoca il genius loci di questo frammento di
        mediterraneo: Leucotea, la “bianca dea” (Leuco-Théa)
        adorata nel cosiddetto Tempio A di Pyrgi, poche centinaia
        di metri a sud del Castello, dove si era sovrapposta alla
        dea etrusca dell’aurora, Thesan, dai Romani assimilata
        a  Mater  Matuta.  Un  cerchio  di  divinità  femminili,
        tutte  profondamente  legate  ai  riti  di  “passaggio”,  che
        presiedono questo luogo di transizione e di confine.

        La testa fittile frontonale di Leucotea (340-330 a.C.), qui
        ritrovata e oggi conservata al Museo Nazionale Etrusco
        di Villa Giulia, mostra una figura agitata, “patetica”, con il
        volto inclinato e i capelli ricci sconvolti dal vento. Costei
        proteggeva i naviganti, gli stranieri, i rifugiati, era stella
        maris, appellativo che trasmigrerà a Maria soccorritrice
        dei marinai.
   1   2   3   4   5   6   7   8   9   10